Una strategia perdente? Bene!
Una strategia aziendale è quell’insieme complesso di decisioni manageriali che determinano, tra i vari fattori, i contenuti del prodotto/servizio offerto, il target di clientela, le politiche di marketing e il posizionamento del brand. Ed è chiaro, la strategia è considerata vincente se produce crescita all’impresa e genera profitti. Ma si sa che nel quadro generale, anche in aziende di successo, vi sono rami di attività o prodotti che non performano, e dunque compito dei manager è quello di monitorare le varie aree e introdurre azioni correttive per migliorare la performance a tutti i livelli. Tuttavia questo compito è tutt’altro che facile, per due motivi: le attività dell’impresa sono intrecciate, vi sono molte risorse comuni e condivise tra prodotti o funzioni, e separare le attività che generano reddito da quelle non profittevoli è alle volte operazione molto delicata. Occorre valutare infatti l’impatto che la dismissione di un’attività ritenuta in perdita o non a sufficiente margine possa avere sulla performance di altre aree o prodotti, e dunque, in sintesi, sul conto economico complessivo dell’impresa.
Ma anche qualora il sistema di misurazione della performance e la esaustiva mappatura delle attività aziendali possa rendere agevole questo intervento, lo stesso potrebbe non essere consigliabile. Si, il messaggio è chiaro: abbiamo una divisione, un prodotto, un’area di business in perdita? Nessun problema, la manteniamo.
Anche se le motivazioni possono essere molteplici, dipendendo da innumerevoli fattori, è possibile individuare alcune situazioni dove una simile strategia produce in realtà effetti positivi, se non nel breve, almeno nel lungo periodo. Questo accade in due circostanze, ossia quando la strategia è vincente e ha solo bisogno di tempo per concretizzare i risultati, o quando l’attività in perdita contribuisce prositivamente all’azienda in modo indiretto, ossia generando utili superiori in altre aree dell’impresa.
ASPETTARE I PROFITTI
L’imprenditore studia una definita strategia, allinea i manager alla visione, comunica e condivide con tutto il personale gli obiettivi, il percorso, le attività di breve e medio periodo ritenute necessarie per l’efficacia implementazione del piano. Siamo dunque nella ipotesi (positiva) di organizzazione che agisce in modo unito per l’applicazione del piano imprenditoriale, con la partecipazione attiva e coordinata del personale all’esecuzione delle attività definite. Tuttavia, l’azienda (o l’area di business) non produce utili. La motivazione potrebbe risiedere nella qualità del piano (una strategia destinata ad essere abbandonata) ma anche nella tempistica (occorre tempo perchè il progetto porti i suoi frutti, con le prime adozioni del prodotto che rapresentano la base per l’avvio di un loop positivo di crescita).
Il problema di una strategia che non funziona è capire in quali dei due contesti ci si trova, per evitare di abbandonare anticipatamente una stretegia vincente o, per converso, di insistere su un percorso che non sarà in grado di ripagare adeguatamente gli investimenti effettuati. Se è impossibile dare consigli all’imprenditore in tale caso, è invece possibile suggerire una metodologia che aiuti la valutazione delle prospettive assicurate dal piano in atto, con l’implementazione di sistema di misurazione della performance e la raccolta continua di riscontri dal mercato. Infatti, anche se una strategia possa essere fondamentalmente corretta, ha spesso bisogno di adattamenti progressivi che aumentino la sua efficacia, e in ultimo, il raggiungimento degli obiettivi.
Il focus sul mercato e la raccolta di commenti, obiezioni o richieste da parte della clientela diventa cosi essenziale e fonte di input a cambiamenti nella strategia in atto, anche se occorre valutare attentamente e non essere troppo tempestivi nella sperimentazione di nuove soluzioni in quanto si rischia di perdere la visione insita nell’applicazione di un piano di lungo respiro e passare ad una “navigazione a vista”. Cosi, allo stesso tempo, occorre bilanciare bene i cambiamenti, e adottarli allorchè siano comunque in linea con la piu’ ampia strategia imprenditoriale in atto (alternativamente, è infatti meglio non intervenire, fare maturare i risultati, e cambiare eventualmente l’intero piano di sviluppo).
CONTRIBUIRE AL SUCCESSO
Vi sono molti casi dove una unità di business, per quanto in perdita, contribuisca alla significativa acquisizione di profitti dell’impresa, tra cui:
A) assicurano economie di scala, dal lato della domanda o dell’offerta. Per esempio, aumentano la base della clientela, apportando visibilità e aumento dei consumi, o alla ottimizzazione degli asset impiegati o dei costi di gestione, e dunque ad efficienze operative di costo. Generando complessivi aumento dei margini complessivi o risparmi diretti di costo in grado di annullare le perdite dell’unità che non performa;
B) contribuiscono al posizionamento del brand, e dunque al mantenimento o rafforzamento della sua posizione di mercato, e in tal senso le perdte conseguite vanno considerate come investimento di merketing;
C) consentono il presidio del mercato, mantenendo una base di clientela attiva, l’occupazione di un canale distributivo, etc.) e rappresentando di fatto una barriera all’ingresso per un nuovo concorrente, che deve alzare gli investimenti necessari allo sviluppo di una sua quota di mercato;
D) generano ricavi indiretti, indirizzando la clientela all’acquisto di altri prodotti o servizi dell’impresa ad ampio margine economico, mediante sia cross-selling che creando pacchetti ad offerta combinata tra prodotti che nell’insieme assicurano tangibili profitti.
Antonio Borello
GruppoBPC Consulting